martedì 5 marzo 2013

La volontà dei ciusi.


Nell'ultimo anno e in quello precedente, molte certezze sono venute meno: posto fisso, reddito sufficiente per vivere, prospettive future ecc. Sarebbe opportuno che sparissero anche alcuni luoghi comuni, non ultimo quello della "volontà".
Parlo sopratutto del nord-est dell'Italia, una terra dove con la "volontà", centinaia di lavoratori sono diventatati piccoli artigiani prima e medi imprenditori poi.
Ecco la volontà era un mezzo duro ma efficace, con la volontà si finivano le scuole medie, si cercava un lavoro come garzone in qualche azienda. Con la volontà, si trovava lavoro, si guadagnava e ci si realizzava. Poi ci si stancava e con la volontà si tornava a studiare alle scuole serali, si diventava ragioniere, poi bancario e poi direttore.
Con la volontà e il sacrificio e l'intraprendenza si partiva facendo un lavoro umile, si acquisiva esperienza, si fondava una ditta propria, si diventava piccolo imprenditore e nel giro di qualche anno: ci si trovava a capo di un'azienda di discrete dimensioni, con un certo numero di maestranze alle proprie dipendenze. Questi dipendenti, oltre che a ringraziare per la possibilità di lavorare, ogni giorno con la loro attività rendevano onore a quella volontà che aveva reso possibile fondare l'azienda.
Bene, sarebbe il tempo di precisare che il concetto di "volontà", così come descritto, non esiste più perchè non ha più senso di esistere.
La volontà, in un mondo come quello contemporaneo così complesso e competitivo, dovrebbe essere stata sostituta dal "merito", criterio più idoneo ai giorni nostri. Questa sostituzione è avvenuta solo in parte e non di meno resta il fatto che la volontà oggi conta ben poco.
Oggi sarebbe opportuno che non ha più senso parlare di uomini volenterosi o pigri, di aperti o "ciusi", di dinamici o statici (quasi fossimo dei corpi astratti). In un mondo dove la domanda di lavoro è infinitamente superiore all'offerta è ridicolo parlare di volontà. Piuttosto sarebbe opportuno chiedersi se si riuscirebbe a sopravvivere ad una competizione di questo tipo e come.
In un tempo come questo dove le istituzioni (politiche ed economiche) chiedono fiducia ma non ne danno, più che invocare la cara e vecchia volontà, sarebbe opportuno lodare la speranza. La stessa che permette a molte persone di andare avanti nonostante tutto remi contro. Nonostante le porte chiuse in faccia, nonostante i mutui eterni per acquistare casa, nonostante gli studi che non offrono nuove opportunità, nonostante gli stipendi rari e comunque ridicoli.
Ecco la speranza è qualcosa di cui oggi c'è bisogno, più che della volontà.

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venerdì 21 dicembre 2012

Deliri stagisti: lo stage in prova.



"Non ti conosco, dunque mi serve un periodo di prova, che ne dici se ti assumo in stage?".
Ovvero: ti faccio lavorare qualche mese per un tozzo di pane o poco più, poi forse, ma molto forse, ti faccio un contratto (possibilmente a progetto).
In primis con lo stage non si parla di assunzione perchè non è un contratto di lavoro.
Poi se vuoi un periodo di prova, perchè non mi fai un contratto breve? Anche di un mese? Non dirmi che non ne esistono, sono balle. Quello che manca non è una forma contrattuale idonea ma piuttosto una certa serietà aziendale.
Un tempo tutto questo non succedeva, adesso c'è la crisi e sopratutto chi approfitta della crisi, in modo vergognoso.
Non voglio dire che lo stage andrebbe rimosso ma almeno regolato un po' meglio di come accade oggi. Ma che ne possono sapere i nostri governanti e la nostra classe imprenditoriale? Hanno mai lavorato per meno degli attuali mille euro al mese?  specie dopo i 30 anni? Hanno mai fatto uno stage?

Il candidato perfetto - Ci viene chiesto un po' troppo.


Francamente ci viene chiesto un po' troppo. Ok, c'è crisi, nella dura selezione per trovare un posto di lavoro vincono solo i migliori, però mi pare che si chieda ai candidati, doti impossibili, faccio alcuni esempi: inglese madre lingua, esperienza all'estero, esperienza di almeno 2 anni in uno specifico settore e capacità di utilizzo avanzata dei software aziendali. Troppo, davvero troppo. Quale persona umana può contenere tutte queste capacità tutte assieme?
Quanti lavorano da anni anche con l'estero e vantano un inglese più che approssimato?
Quanti sono impiegati d'ufficio e riescono a stento a spedire una mail?
Quanti non si spingono ne vorrebbero spingersi oltre la consueta routine lavorativa?
Sopratutto: perchè a chi deve entrare nel mondo del lavoro, viene richiesto di essere perfetto o quasi?
A ben guardare le figure ricercate non esistono nel mondo del lavoro e se esistono hanno stipendi da capogiro!

martedì 11 dicembre 2012

BREVI CONSIGLI PER EVITARE (PER QUANTO POSSIBILE) DI RESTARE DISOCCUPATI


Scrivo quanto segue perché in giro sento molti luoghi comuni.
Se dovete scegliere un percorso formativo chiedetevi innanzi tutto: che figure cercano le aziende della zona dove voglio andare a lavorare?
A differenza di quanto ci raccontano i media, non tutti si possono permettere trasferte in altre città, specie se vi toccherà fare uno stage, guadagnando tra i 200 € e i 500 €. Per tanto valutate il vostro futuro anche in base alla vostra situazione strettamente personale, anche economica.
E' giusto avere delle aspirazioni, ma sognare troppo ad occhi aperti non fa bene, si rischia di sbattere la faccia contro il solido muro della realtà e non è piacevole ;-( .
Mi rivolgo soprattutto ai ragazzi che devono scegliere il percorso da intraprendere per le scuole superiori. Nel dubbio, preferite gli istituti tecnici scientifici (meccanico, informatico ecc.), assicurano spesso una mansione certa. Al termine, se vi rendete conto che la scuola non vi è piaciuta, non buttate via tutto. Il mondo del lavoro è un'altra cosa. Provate la professione, anche solo per qualche mese, fatevi un'idea concreta del lavoro che potreste svolgere e solo dopo decidete. Ricordate che un solo diploma, anche specifico, vi può aprire molte porte, per tanto non è detto che dobbiate svolgere quella mansione in quell'azienda per tutta la vita.
Il problema non si pone, ovviamente, per coloro che sono rimasti soddisfatti del percorso fatto.
Per quanto riguarda l'università, non credete ai luoghi comuni, non tutti i percorsi di studi portano ad un lavoro. Solo alcuni vi consentiranno di essere realmente competitivi. Anche qui consiglio ambiti scientifici, in particolare ingegneria, preferite i rami classici: chimica, meccanica, informatica, edile e pochi altri. E' sconsigliabile provare i rami sperimentali: energetica, dell'informazione, della sicurezza ecc.
E' vero che nessun percorso di laurea vi può assicurare al 100% un posto di lavoro ma alcuni sono molto molto richiesti. Ricordate che sono le aziende che vi devono assumere, pertanto chiedete a loro che profili cercano e poi decidete cosa studiare. Chiedete alla camera di commercio, piuttosto che a Confindustria o Confartigianato. Sono enti abbastanza rappresentativi. Fatevi dire che tipo di aziende ci sono nel territorio di vostro interesse. Queste informazioni valgono più di cento fiere del lavoro o sedicenti "esperti".
Fate anche un giro per le agenzie interinali della zona d'interesse e provate a proporvi o a capire le ricerche attive. Questo vi aiuterà ad avere una visione più completa.
Infine non laureatevi per forza, non serve. Spesso un buon diploma tecnico può darvi più soddisfazioni (anche remunerative) di una cattiva laurea. Tenete a mente che non c'è lavoro più brutto che rimanere disoccupati, per tanto adattatevi a ciò che trovate, potrebbero attendervi piacevoli risvolti professionali :-).
Buona fortuna.

giovedì 12 luglio 2012

Meno disoccupazione = chiudere più facoltà

L'attuale altissima disoccupazione giovanile non è causata solo da un'eccezionale crisi economica ma anche da una sbagliata formazione scolastica, sia nelle scuole superiore ma soprattuto nelle università. Perchè il governo non inserisce criteri come i tempi di assunzione di un laureato, per giudicare la bontà un'università? Certo non sarebbe sufficiente ma aiuterebbe. Ormai sono incalcolabili il numero di laureati che svolgono lavori di qualsiasi tipo, spesso dove non occorre una laurea.
Poi bisognorebbe smetterla con una strisciante falsa retorica secondo la logica di "quale lavoro vorresti fare?" La domanda non è più questa già da molti anni e in una crisi come questa ha ancora meno senso porsi interrogativi del genere. Il punto è: si svolgono i lavori di cui c'è bisogno, se non si tiene questo concetto come punto cardine, tutte le altre azioni/eventi, comprese le fiere del lavoro, restano inutili.