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IlSelvatico
mercoledì 6 marzo 2013
martedì 5 marzo 2013
La volontà dei ciusi.
Nell'ultimo
anno e in quello precedente, molte certezze sono venute meno: posto fisso,
reddito sufficiente per vivere, prospettive future ecc. Sarebbe opportuno che
sparissero anche alcuni luoghi comuni, non ultimo quello della "volontà".
Parlo
sopratutto del nord-est dell'Italia, una terra dove con la "volontà",
centinaia di lavoratori sono diventatati piccoli artigiani prima e medi
imprenditori poi.
Ecco la
volontà era un mezzo duro ma efficace, con la volontà si finivano le scuole
medie, si cercava un lavoro come garzone in qualche azienda. Con la volontà, si
trovava lavoro, si guadagnava e ci si realizzava. Poi ci si stancava e con la
volontà si tornava a studiare alle scuole serali, si diventava ragioniere, poi
bancario e poi direttore.
Con la
volontà e il sacrificio e l'intraprendenza si partiva facendo un lavoro umile,
si acquisiva esperienza, si fondava una ditta propria, si diventava piccolo
imprenditore e nel giro di qualche anno: ci si trovava a capo di un'azienda di
discrete dimensioni, con un certo numero di maestranze alle proprie dipendenze.
Questi dipendenti, oltre che a ringraziare per la possibilità di lavorare, ogni
giorno con la loro attività rendevano onore a quella volontà che aveva reso
possibile fondare l'azienda.
Bene,
sarebbe il tempo di precisare che il concetto di "volontà", così come
descritto, non esiste più perchè non ha più senso di esistere.
La volontà,
in un mondo come quello contemporaneo così complesso e competitivo, dovrebbe
essere stata sostituta dal "merito", criterio più idoneo ai giorni
nostri. Questa sostituzione è avvenuta solo in parte e non di meno resta il
fatto che la volontà oggi conta ben poco.
Oggi sarebbe
opportuno che non ha più senso parlare di uomini volenterosi o pigri, di aperti
o "ciusi", di dinamici o statici (quasi fossimo dei corpi astratti).
In un mondo dove la domanda di lavoro è infinitamente superiore all'offerta è
ridicolo parlare di volontà. Piuttosto sarebbe opportuno chiedersi se si
riuscirebbe a sopravvivere ad una competizione di questo tipo e come.
In un tempo
come questo dove le istituzioni (politiche ed economiche) chiedono fiducia ma
non ne danno, più che invocare la cara e vecchia volontà, sarebbe opportuno lodare
la speranza. La stessa che permette a molte persone di andare avanti nonostante
tutto remi contro. Nonostante le porte chiuse in faccia, nonostante i mutui
eterni per acquistare casa, nonostante gli studi che non offrono nuove opportunità,
nonostante gli stipendi rari e comunque ridicoli.
Ecco la
speranza è qualcosa di cui oggi c'è bisogno, più che della volontà.
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venerdì 21 dicembre 2012
Deliri stagisti: lo stage in prova.
"Non ti conosco, dunque mi serve un periodo di prova,
che ne dici se ti assumo in stage?".
Ovvero: ti faccio lavorare qualche mese per un tozzo di pane
o poco più, poi forse, ma molto forse, ti faccio un contratto (possibilmente a
progetto).
In primis con lo stage non si parla di assunzione perchè non è un contratto di lavoro.
Poi se vuoi un periodo di prova, perchè non mi fai un
contratto breve? Anche di un mese? Non dirmi che non ne esistono, sono balle.
Quello che manca non è una forma contrattuale idonea ma piuttosto una certa
serietà aziendale.
Un tempo tutto questo non succedeva, adesso c'è la crisi e sopratutto chi approfitta della crisi, in
modo vergognoso.
Non voglio dire che lo stage andrebbe rimosso ma almeno
regolato un po' meglio di come accade oggi. Ma che ne possono sapere i nostri governanti e la nostra classe
imprenditoriale? Hanno mai lavorato per meno degli attuali mille euro al
mese? specie dopo i 30 anni? Hanno mai fatto uno stage?
Il candidato perfetto - Ci viene chiesto un po' troppo.
Francamente ci viene chiesto un po' troppo. Ok, c'è crisi,
nella dura selezione per trovare un posto di lavoro vincono solo i migliori,
però mi pare che si chieda ai candidati, doti impossibili, faccio alcuni
esempi: inglese madre lingua, esperienza all'estero, esperienza di almeno 2
anni in uno specifico settore e capacità di utilizzo avanzata dei software
aziendali. Troppo, davvero troppo. Quale
persona umana può contenere tutte queste capacità tutte assieme?
Quanti lavorano da anni anche con l'estero e vantano un
inglese più che approssimato?
Quanti sono impiegati d'ufficio e riescono a stento a
spedire una mail?
Quanti non si spingono ne vorrebbero spingersi oltre la
consueta routine lavorativa?
Sopratutto: perchè a
chi deve entrare nel mondo del lavoro, viene richiesto di essere perfetto o
quasi?
A ben guardare le figure ricercate non esistono nel mondo
del lavoro e se esistono hanno stipendi da capogiro!
martedì 11 dicembre 2012
BREVI CONSIGLI PER EVITARE (PER QUANTO POSSIBILE) DI RESTARE DISOCCUPATI
Scrivo quanto segue perché in giro sento molti luoghi
comuni.
Se dovete scegliere un percorso formativo chiedetevi innanzi
tutto: che figure cercano le aziende della zona dove voglio andare a lavorare?
A differenza di quanto ci raccontano i media, non tutti si possono permettere trasferte
in altre città, specie se vi toccherà fare uno stage, guadagnando tra i 200
€ e i 500 €. Per tanto valutate il vostro futuro anche in base alla vostra
situazione strettamente personale, anche economica.
E' giusto avere delle aspirazioni, ma sognare troppo ad
occhi aperti non fa bene, si rischia di sbattere la faccia contro il solido muro
della realtà e non è piacevole ;-( .
Mi rivolgo soprattutto ai ragazzi che devono scegliere
il percorso da intraprendere per le scuole
superiori. Nel dubbio, preferite gli istituti tecnici scientifici (meccanico,
informatico ecc.), assicurano spesso una mansione certa. Al termine, se vi
rendete conto che la scuola non vi è
piaciuta, non buttate via tutto. Il
mondo del lavoro è un'altra cosa. Provate
la professione, anche solo per qualche mese, fatevi un'idea concreta
del lavoro che potreste svolgere e solo
dopo decidete. Ricordate che un solo diploma, anche specifico, vi può
aprire molte porte, per tanto non è detto che dobbiate svolgere quella mansione
in quell'azienda per tutta la vita.
Il problema non si pone, ovviamente, per coloro che sono
rimasti soddisfatti del percorso fatto.
Per quanto riguarda l'università,
non credete ai luoghi comuni, non tutti i percorsi di studi portano ad un
lavoro. Solo alcuni vi consentiranno di essere realmente competitivi. Anche qui
consiglio ambiti scientifici, in
particolare ingegneria, preferite i
rami classici: chimica, meccanica, informatica, edile e pochi altri. E'
sconsigliabile provare i rami sperimentali: energetica, dell'informazione,
della sicurezza ecc.
E' vero che nessun percorso di laurea vi può assicurare al
100% un posto di lavoro ma alcuni sono molto molto richiesti. Ricordate che sono le aziende che vi devono assumere,
pertanto chiedete a loro che profili
cercano e poi decidete cosa studiare. Chiedete alla camera di
commercio, piuttosto che a Confindustria o Confartigianato. Sono enti abbastanza
rappresentativi. Fatevi dire che tipo di aziende ci sono nel territorio di
vostro interesse. Queste informazioni valgono più di cento fiere del lavoro o
sedicenti "esperti".
Fate anche un giro per le agenzie interinali della zona
d'interesse e provate a proporvi o a capire le ricerche attive. Questo vi
aiuterà ad avere una visione più completa.
Infine non laureatevi
per forza, non serve. Spesso un buon diploma tecnico può darvi più
soddisfazioni (anche remunerative) di una cattiva laurea. Tenete a mente che non
c'è lavoro più brutto che rimanere disoccupati, per tanto adattatevi a ciò che
trovate, potrebbero attendervi piacevoli risvolti professionali :-).
Buona fortuna.
giovedì 12 luglio 2012
Meno disoccupazione = chiudere più facoltà
L'attuale altissima disoccupazione giovanile non è causata solo da un'eccezionale crisi economica ma anche da una sbagliata formazione scolastica, sia nelle scuole superiore ma soprattuto nelle università. Perchè il governo non inserisce criteri come i tempi di assunzione di un laureato, per giudicare la bontà un'università? Certo non sarebbe sufficiente ma aiuterebbe. Ormai sono incalcolabili il numero di laureati che svolgono lavori di qualsiasi tipo, spesso dove non occorre una laurea.
Poi bisognorebbe smetterla con una strisciante falsa retorica secondo la logica di "quale lavoro vorresti fare?" La domanda non è più questa già da molti anni e in una crisi come questa ha ancora meno senso porsi interrogativi del genere. Il punto è: si svolgono i lavori di cui c'è bisogno, se non si tiene questo concetto come punto cardine, tutte le altre azioni/eventi, comprese le fiere del lavoro, restano inutili.
Poi bisognorebbe smetterla con una strisciante falsa retorica secondo la logica di "quale lavoro vorresti fare?" La domanda non è più questa già da molti anni e in una crisi come questa ha ancora meno senso porsi interrogativi del genere. Il punto è: si svolgono i lavori di cui c'è bisogno, se non si tiene questo concetto come punto cardine, tutte le altre azioni/eventi, comprese le fiere del lavoro, restano inutili.
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